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Ugo Mutti e la sua grande impresa alimentare

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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T - Franco Tosi
V - Vittorio Valletta - Giuseppe Volpi
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Ugo Mutti
San Lazzaro Parmense (PR), 1° aprile 1893 - Montechiarugolo (PR), 20 settembre 1980
La famiglia Mutti, originaria dell’Appennino, era emigrata nella più fertile pianura, e all’inizio dell’Ottocento l’avo Giovanni conduceva un podere a Vicofertile, distinguendosi per le innovazioni che apportava nei metodi di coltivazione della terra. Nell’ultimo decennio del secolo, il padre di Ugo Mutti, Marcellino, e il fratello Callisto si erano trasferiti, in qualità di affittuari, nella tenuta “Corte”, a Piazza di Basilicanova, nel comune di Montechiarugolo, appartenente alla famiglia dei Conti Politi Zambeccari. L’abilità tecnica e la capacità di apportare le più moderne soluzioni elaborate dalla scienza agraria avevano consentito ai due fratelli, in pochi anni, di acquistare la “Corte” e di impiantare all’interno del podere un caseificio, dotato dei primi macchinari per la produzione del burro e del formaggio.
La moderna storia imprenditoriale dei Mutti comincia nel 1899, quando viene intrapresa la lavorazione della conserva di pomodoro, in un apposito opificio. La quasi totalità degli operatori nel comparto della lavorazione del pomodoro è allora composta da possidenti agricoli che lavorano direttamente la materia prima, acquistandone anche una parte da altri coltivatori. La trasformazione da agricoltore a imprenditore industriale è inoltre facilitata dal fatto che la produzione della conserva è un’attività prettamente stagionale. La Mutti comincia a distinguersi nel panorama dei produttori, ottenendo riconoscimenti ufficiali per la qualità, fra cui la Medaglia d’Oro all’Esposizione di Roma nel 1911 e la Palma d’Oro all’Esposizione di Parigi nel 1925. L’impresa, come altre dei produttori locali, è attiva anche nel settore agricolo, zootecnico, caseario e dei prosciutti, ma lo sviluppo della produzione induce la famiglia a optare per una maggiore specializzazione, determinando progressivamente l’abbandono delle altre attività, per concentrarsi esclusivamente nel settore della trasformazione del pomodoro.
All’inizio degli anni Trenta, per effetto di una forte sovrapproduzione del settore e del calo dei consumi generato dalla depressione economica, i bilanci della società registrano pesanti perdite, ma già a partire dal 1935, approfittando della fase espansiva dell’economia nazionale, l’impresa torna a segnare degli utili. All’incremento della produzione si fa fronte rilevando una serie di stabilimenti posti sia nel territorio di Parma che in provincia di Alessandria e di Forlì.
Dall’inizio dell’attività fino alla morte, avvenuta nel 1941, l’impresa è diretta da Marcellino Mutti, coadiuvato dai quattro figli, ciascuno dei quali rivestiva una mansione specifica. Ugo Mutti, in particolare, è preposto alla direzione tecnica degli stabilimenti, all’innovazione tecnologica, alla ricerca e sperimentazione delle tecniche produttive e dei nuovi prodotti. Il giovane Ugo Mutti aveva interrotto gli studi dopo aver conseguito la licenza elementare per entrare subito nell'impresa. Nel 1912 aveva partecipato come volontario alla campagna di Libia e nel giugno 1915 era stato richiamato nella fanteria per partecipare alla Guerra mondiale.
Dopo il conflitto, Ugo Mutti è Sindaco e poi Podestà, dal 1923, del Comune di Montechiarugolo per 12 anni consecutivi, al termine dei quali gli viene conferita la commenda. È richiamato come tenente di artiglieria nella Seconda guerra mondiale, dislocato nella Francia meridionale fino all’armistizio. Riesce a rientrare rocambolescamente in Italia, evitando la cattura da parte dei tedeschi. Dopo la costituzione della Repubblica sociale italiana e fino al termine delle ostilità, entra in clandestinità, acquisendo qualche credito presso il Cln che gli consente, all’indomani del 25 aprile 1945, di rientrare a casa incolume e di evitare ogni forma di epurazione. Dopo la morte del padre, è lui a indirizzare le strategie aziendali, la vera e propria anima del complesso industriale.
Alla fine degli anni Quaranta lo scenario dell’industria conserviera parmense assomiglia sostanzialmente a quello dell’anteguerra, con un cospicuo numero di siti di produziome (circa 50), per lo più di piccole dimensioni, guidati con criteri artigianali e privi di politiche commerciali evolute. In quel panorama la Mutti consegue dimensioni ragguardevoli e una certa notorietà, sia in Italia che all’estero. Il marchio contrassegnato dai due leoni era già rinomato e sinonimo di qualità.
Due caratteristiche distintive dell’impresa che ne determinano la fortuna sono certamente l’aver lavorato esclusivamente prodotto “in marca”, e mai per conto terzi, e l’aver destinato una quota costante del proprio fatturato, pari a circa il 25%, all’esportazione. Inoltre, nel dopoguerra, grazie anche al miglioramento dei trasporti, si concentra la produzione della conserva a Basilicanova e Provazzano (fino al 1969), cedendo gli altri stabilimenti.
Il processo di trasformazione negli anni Quaranta utilizza ancora le stesse procedure impiegate nel passato, e il prodotto finito è inscatolato in barattoli di banda stagnata, destinati al consumatore, oppure posto in botti di legno destinate alla commercializzazione industriale. In quel periodo la diffusione del frigorifero presso le famiglie italiane è ancora assai modesta, e uno dei maggiori problemi cui va incontro la conserva di pomodoro, una volta aperta la confezione, è quello della conservazione del prodotto non consumato. L’unica soluzione consiste nel coprire con un sottile velo d’olio il concentrato, per proteggerlo dalla muffa. In questo contesto Ugo Mutti arriva all’intuizione che avrebbe rivoluzionato il packaging del settore e apportato all’azienda un vantaggio tecnologico e commerciale sulla concorrenza: progetta, infatti, di mettere il concentrato di pomodoro in un tubetto, al fine di evitare contemporaneamente tutti i problemi igienici e di conservazione.
Vengono allora condotti lunghi esperimenti per ottenere le condizioni e i vantaggi ricercati. Fino ad allora, infatti, nessuno aveva immesso dei prodotti “a caldo” e di tenore acido in contenitori di quel tipo. La nuova confezione è lanciata nella primavera del 1951.
Il successo non è immediato ed è necessario vincere le resistenze dei dettaglianti e dei consumatori, anche mediante un’adeguata campagna pubblicitaria. Paradossalmente l’iniziale insuccesso si volge a vantaggio di Mutti, poiché la concorrenza, sottovalutando l’impatto dell’innovazione, perde tempo prezioso, consentendo all’azienda di Basilicanova di mantenere un gap tecnologico e di consolidare il proprio primato nel settore. L’idea di utilizzare, per sigillare il tubetto, un ditale in plastica, fruibile dalle casalinghe per i lavori di cucito, contribuisce a distinguere e a rendere facilmente riconoscibile il prodotto. In breve tempo il concentrato Mutti diventa noto come il "tubetto del ditale” e il motto viene ampiamente utilizzato nella propaganda pubblicitaria e nei cartelli promozionali.
Alla fine degli anni Sessanta Ugo Mutti lancia un prodotto totalmente nuovo, da lui denominato “polpa di pomodoro”. Si tratta di pomodoro pelato, tagliato poi in piccolissimi pezzetti e successivamente sgocciolato. Un prodotto quindi di maggior resa, rispetto alla conserva tradizionale, e immediatamente pronto all’uso. Anche in questo caso l’impresa funge da apripista, stimolando l’intero settore.
Ugo Mutti muore a Montechiarugolo nell’autunno del 1980. Le innovazioni tecnologiche riconducibili alla sua attività imprenditoriale hanno contribuito alla modernizzazione complessiva di un settore che, per molti decenni, non aveva registrato progressi sostanziali. L’elevata propensione di Mutti all’innovazione tecnologica rappresenta la condizione basilare che consentirà all’impresa di diventare, all’alba del terzo millennio, la marca più importante fra i produttori parmensi, e una delle realtà più significative del settore nel panorama nazionale. Nel 2004 l’impresa lavora un milione di quintali di materia prima, rispetto ai 220.000 del 1980 e ai 120.000 del 1964, mentre il fatturato, di 26 milioni di euro nel 1998 e oltre 55 milioni di euro nel 2003 – di cui il 75% conseguito sul mercato nazionale e il rimanente all’estero (Comunità europea, Oceania, Giappone e America meridionale) –, arriva a superare i 110 milioni di euro nel 2008. Mi piace notare che in casa mia le donne hanno sempre preferito la polpa Mutti a tutte le altre concorrenti.

Nel 1994 Francesco Mutti diventa amministratore delegato. Nel 1999 Mutti diventa il primo stabilimento ad avere tutta la propria produzione a lotta integrata certificata e No OGM. Il 2000 è l’anno che vede nascere il premio “Pomodorino d’Oro”, con cui Mutti premia i suoi produttori: un riconoscimento agli agricoltori capaci di produrre pomodoro di qualità. Nel 2004 viene prodotto per la prima volta l'aceto di pomodoro e nel 2007 i sughi pronti. Durante l’anno 2010, l’impresa inizia la propria collaborazione con il WWF, al fine di ricercare e sancire una maggiore sostenibilità nella produzione, in particolare nel diminuire emissioni di CO2 e ridurre l’impronta idrica lungo la filiera. Insieme con la facoltà di Agraria dell’Università di Piacenza e al Laboratorio Lims di Verbania, nel 2012 Mutti studia una metodologia per individuare la provenienza geografica delle materie prime partendo dall’analisi dei semilavorati. Il progetto viene presentato presso il Senato della Repubblica Italiana sul tema “Alimentazione e percorso di trasparenza dalla Tavola alla Terra”. Nel 2013 apre Mutti France per lo sviluppo del mercato francese. Nello stesso anno comincia la collaborazione con Fiordagosto, uno stabilimento con sede a Oliveto Citra (Salerno), per la produzione delle specialità tipiche del Sud, che verrà poi acquisito nel 2016. Nel 2014 in collaborazione con Horta, spin off dell’Università Cattolica di Piacenza nasce pomodoro.net, per sostenere un percorso di affiancamento, di supporto e di cooperazione con gli agricoltori. Nel 2015 vengono lanciate le Salse Pronte. L'azienda in 11 anni è passata da 43.989 mil. € nel 2004 a circa 234 mil. € nel 2015 di fatturato[4].

Risorse bibliografiche
I. Pergreffi, L’industria del pomodoro a Parma tra la fine dell’Ottocento e la seconda guerra mondiale, Reggio Emilia, Tecnigraf, 1994; Fratelli Mutti dal 1892 al 1995 (dattiloscritto), a cura di G. Montacchini, Parma, 1995; A. Capatti, Pomi d’oro. Immagini del pomodoro nella storia del gusto, Parma, 1999, pp. 120-131, edizione fuori commercio pubblicata per celebrare il centenario dell’azienda; Viva la pappa col pomodoro. Cent’anni fa nasceva il marchio dei fratelli Mutti, in «Corriere di Parma», 1999, 1, pp. 46-48; G. Gonizzi, Una vita all’insegna del pomodoro. Francesco Emanuele, la Stazione Sperimentale delle Conserve e la nascita della Fiera di Parma (1925-1950), in «Parma economica», 2000, 3, pp. 63-64.

Eugenio Caruso - 16 agosto 2017

 

Tratto da

1

www.impresaoggi.com