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Egidio Brugola, un nome una vite


Io lavoro sempre con la convinzione che non esista, in fondo, nessun problema irrisolvibile.
Jung


INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia e del made in Italy. Anche con riferimento alle piccole e medie imprese che hanno contribuito al progresso del Paese.

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T - Franco Tosi
V - Vittorio Valletta - Giuseppe Volpi
Z - Lino Zanussi


Egidio Brugola (Lissone, 1901 – Lissone, 1959)

PREMESSA Negli ultimi due anni ho fatto alcune ristrutturazioni in casa mia che mi hanno portato in contatto con idraulici, elettricisti, serramentisti e altri operai. Tutti chiamavano brugola quello che dovrebbe essere chiamato cava brugola. Ho cercato con tutti di spiegare che brugola era la vite a testa cava esagonale e che prendeva il nome dall'"inventore". Senza successo.

Egidio Brugola, famiglia piccolo borghese, autodidatta dotato di capacità inventiva e progettuale, a 25 anni fonda l'impresa dopo avere lavorato in una fabbrichetta meccanica. Produce all'inizio rondelle e poco dopo viti a esagono incassato, le "viti brugola", già esistenti negli Stati Uniti ma importate in Italia.
Lui comincia a produrle in serie, riuscendo a fare identificare il nome del prodotto con quello del fabbricante al punto da essere citato anche nei dizionari di lingua italiana. Nel 1945 riesce anche a brevettare una forma di brugola con un gambo a torciglione, in grado di assicurare una particolare elasticità e quindi garantire in campo motoristico alte prestazioni in fatto di tenuta e serraggio.
Scompare nel 1959 a soli 58 anni. E poiché il figlio Giannantonio ha solo 16 anni, è la moglie Emmy (Emmy Spezia) a doversi occupare per un certo periodo dell'impresa. Poi nel 1964, ad appena 22 anni, è Giannantonio Brugola (1942-2015) a prendere in mano le redini dell'impresa. Ha una grande passione per il disegno, ama definirsi non "un tecnico" ma un "umanista prestato al mondo dell'industria", parla cinque lingue e legge moltissimo ma è anche lui dotato di inventiva. Nel 1980 non solo fa dell'impresa Officine Egidio Brugola il primo produttore in Europa di "viti brugola" ma comincia anche a diversificare realizzando viti speciali, le Fasteners, utilizzabili in un primo tempo nel settore delle macchine utensili e poco dopo nel campo dell'industria automobilistica.
Giannantonio introduce in azienda tre punti fermi: "Essere diversi in un mondo di simili", "Difetto zero", "Qualità totale". Riesce così, tra il 1986 e il 1987, a stringere accordi commerciali con la Volkswagen che riguardano la fornitura di viti per motori automobilistici. E riconvertendo l'impresa nella produzione di viti sempre più super-tecnologiche, nel 1994 si specializza in prodotti destinati solo al settore auto, finendo per essere fornitore unico delle viti di fissaggio della testata cilindrica per tutto il gruppo Volkswagen. Sempre quell'anno inventa anche una vite speciale con una testa a forma poliedrica, la Polydrive, in grado di rivoluzionare il sistema di fissaggio permettendo un maggior serraggio con uno sforzo minore. Si tratta di un'invenzione che segna "una seconda tappa fondamentale nell'apporto della famiglia Brugola allo sviluppo della bulloneria mondiale" ma il brevetto a livello europeo sarà riconosciuto solo nel 2003 al termine di una controversia con due imprese tedesche.
Nel 1996 anche la Ford fa ricorso alle viti speciali dell'azienda che abbandona la produzione delle brugole e si specializza ancora di più dedicandosi al montaggio dei componenti vitali del motore e quindi realizzando le "viti critiche", quelle che fissano la testata al motore, soggetta a fortissime sollecitazioni. In ogni motore 7 tipi di viti su 70 rappresentano le parti più critiche. Diventano clienti anche Renault, General Motors, Opel, Mercedes, Bmw.
Nel2006 apre un Polo logistico di proprietà a Detroit, l'impresa arriva a produrre quasi 7 milioni di viti al giorno in 800 modelli diversi venduti a 42 aziende di motori sparse nei 5 continenti, entra in difficoltà nel 2009 con l'arrivo della crisi economica mondiale.
Inizia un periodo difficile, i ricavi calano a una sessantina di milioni di euro, entra nel capitale con una quota del 15% il Fondo Italiano di Investimento (partecipato dal Ministero dell'Economia e da alcuni importanti istituti di credito) per consolidare il progetto americano che alla fine del 2014 ha portato ad aprire con una trentina di dipendenti uno stabilimento nei pressi di Detroit, a Plymouth, in modo da essere vicini alla Ford riducendo i tempi di consegna e i costi.
Giannantonio scompare nel febbraio 2015, a 73 anni, pochi giorni dopo che il figlio Jody (anche se in realtà ha lo stesso nome del nonno, Egidio), classe 1979, terza generazione della famiglia Brugola alla guida dell'impresa, gli ha portato la prima vite uscita dalla fabbrica di Detroit.

L'intervista.
Lissone «Le vede le micro-telecamere? ». Domenico Fossati, capelli bianchi, ex direttore di produzione delle Officine Egidio Brugola (OEB) di Lissone e oggi consulente («sono qui dagli anni ‘60») si avvicina alla macchina che “sputa” le viti con un rumore secco e incessante, quasi fosse una mitragliatrice. Punta il dito: «Eccole; e questo è lo schermo. Ogni pezzo è esaminato in una frazione di secondo. E se non va bene viene scartato automaticamente». Sorride, Fossati, e aggiunge: «Il nostro segreto è la qualità: per ogni milione di bulloni selezionati ce n’è uno, massimo due, difettosi. E oggi, per essere ancora più competitivi, stiamo passando al controllo del prodotto tramite laser. A noi nonfanno paura né i cinesi, né i tedeschi. Se vogliono la qualità devono venire qui e comprarsi le nostre viti». Brugola, basta la parola. Recita lo Zingarelli: “Vite con testa ad incavo esagonale dal nome del produttore Egidio Brugola”. Ecco un mito nato nel 1926 e cresciuto nel cuore della Brianza, a pochi chilometri da Monza. Ma anche un pezzo di made in Italy capace di esportare il 100% della produzione. «Questa è una fabbrica che non si ferma mai - spiega Fossati - lavoriamo 24 ore al giorno su tre turni, cosa crede che produrre viti e bulloni sia facile? Sbagliato. C’è un sacco di tecnologia in questo stabilimento. Guardi questo motore: è il 16 cilindri della Bugatti. Veyron, un ‘mostro’ da oltre mille cavalli. Noi forniamo a Bugatti le viti della testata. Si rende conto della responsabilità? E lo stesso vale per il 12 cilindri Bentley da 560 cavalli, tanto per citarne un altro. Nessuno al mondo è in grado di produrre pezzi così affidabili». La tecnologia, quindi. Ma non solo. Perché qui a Lissone la tradizione e il rapporto con le maestranze, pesano, eccome.
Per rendercene conto ci congediamo da Fossati attraversiamo la strada e entriamo nella sobria palazzina uffici in stile primo novecento. «Valori come il rispetto e la solidarietà - dice Jody Brugola, 36 anni, terza generazione al vertice della ditta di cui è presidente e amministratore delegato - sono incisi nel nostro Dna. Pensi che durante la guerra mio nonno Egidio, il fondatore dell’impresa, fece di tutto per fornire i pasti agli operai e a una parte della popolazione di Lissone. E alla fine del conflitto si adoperò affinchè tutti i dipendenti avessero una bicicletta per andare a lavorare». «Nonno Egidio non aveva studiato ma era un genio», ricorda Jody, «mio padre mi raccontava che quando era piccolo qui a Lissone c’era una processione di ingegneri che venivano a chiedergli consiglio. Lo consideravano una specie di “guru” della meccanica, uno che a 25 anni aveva fondato la sua impresa e che era sempre pronto a dare una mano, a suggerire una soluzione per problemi anche complessi ». Quanto all’invenzione della brugola, quella vite magica che ancora oggi è usata da meccanici e bricoleur l’ad di OEB precisa che «in realtà la brugola originaria non l’abbiamo inventata noi ma gli americani nel 1910. Però in passato ne abbiamo prodotte talmente tante che alla fine il nome è rimasto. Anche perché nel ’45 mio nonno Egidio depositò il brevetto per una brugola ‘speciale’ con il gambo a torciglione, più elastica e resistente di quella precedente e che in seguito avrebbe avuto un grande successo».
Acqua passata: può sembrare paradossale, ma oggi la Brugola non produce più le brugole. «Abbiamo smesso negli anni ’90; si tratta di un prodotto povero. Oggi - racconta ancora Jody - produciamo solo viti di alta qualità. E solo per il settore auto. E’ stata la scelta, azzeccata, di mio padre Giannantonio. L’obiettivo che stiamo perseguendo è di consolidare la nostra leadership nell’innovazione e nel prodotto di altissima qualità. Oggi i nostri principali clienti sono la Ford e la Volkswagen seguiti da Renault e Opel. Mentre i concorrenti sono soprattutto i tedeschi». Già, i tedeschi e l’innovazione. E la figura di Giannantonio Brugola, l’imprenditore che a soli 16 anni prese il mano l’impresa alla morte del padre Egidio, puntando fin da subito sull’export. Lo stesso Giannantonio che nel 1993 brevettò la Polydrive, una vite con la testa di forma esagonale che permette di essere serrata meglio e con uno sforzo minore. “I nostri maggiori concorrenti tedeschi”, ricorda Jody, “cercarono di copiare la Polydrive. Mio padre tenne duro e iniziò una causa lunghissima che avremmo vinto dopo dieci anni. Per lui fu una grandissima soddisfazione anche perché in nostri avversari tentarono di impedirci di registrare il brevetto europeo. Ma furono sconfitti anche su quel fronte». Nel 2015 le Officine Egidio Brugola raggiungeranno i 130 milioni di ricavi coronando una crescita costante che dura da anni. Un momento magico confermato dalla presenza dei prodotti di Lissone in 42 fabbriche automobilistiche sparse nei cinque continenti. E certificato da una produzione di circa 1,7 miliardi di pezzi prevista entro fine anno. Eppure non è sempre stata così. «Io credo nell’industria e nel lavoro ben fatto - afferma Jody - ma credo molto meno nello strapotere della finanza. Nel 2009 fummo investiti in pieno dalla crisi e i ricavi scesero da 86 a 63 milioni di euro. Quanto alle banche, convinte che il settore dell’auto non avesse futuro, ci imposero delle condizioni molto severe. Allora mio padre mise sul tavolo tutto il suo prestigio e così entrò nel capitale con circa il 15% il Fondo Italiano d’investimento. In questi anni abbiamo lavorato bene: i ricavi sono cresciuti, abbiamo continuato a investire ed è aumentata la produttività. A marzo ho finito di ricomprare dagli istituti di credito tutte le azioni della società. L’ho fatto in quattro anni e mezzo invece che in otto come volevano le banche. E adesso guardiamo con ottimismo al futuro. Peccato per quelle banche che non hanno avuto fiducia in un’impresa d’eccellenza come la nostra». Il futuro per Brugola sono gli Stati Uniti dove nel luglio scorso è stata tenuta a battesimo una fabbrica nuova di zecca a Plymouth, a pochi chilometri da Detroit. «Il nostro obiettivo innanzitutto è quello di essere più vicini alla Ford riducendo i tempi di consegna e i costi ». E poi Jody precisa che «non si tratta di una delocalizzazione perché nello stabilimento di Lissone serviremo nuovi clienti come Mercedes e Bmw». Ma non basta. Perché all’orizzonte c’è l’intero mercato americano comprese le fabbriche automobilistiche basate in Messico e in Brasile. E soprattutto sarebbe in arrivo un cliente importante come la General Motors. Certo, la sfida sarà dura. Lo sa bene Domenico Fossati in partenza per il Michigan dove resterà per oltre un mese: «La nuova fabbrica deve crescere e io ho il compito di seguirne passo passo lo sviluppo. Abbiamo esportato negli Usa la nostra qualità italiana e questo ci riempie d’orgoglio. E ci siamo occupati della formazione dei 30 operai americani, quasi tutti provenienti da imprese del settore. E anche questa è una soddisfazione». Eppure nella stessa Brianza operai e ingegneri continuano a chiamare brrugola il cava brugola.

Eugenio Caruso - 14 dicembre 2017

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www.impresaoggi.com